Pensioni: il futuro tra prospettive e speranze

Dopo Quota 100 non ci sarà una nuova quota fissa (niente Quota 102 o Quota 41) , bensì un sistema flessibile con uscite anticipate a partire dai 63 anni. Quota 100 scade tra tre mesi e non saranno più ammessi i pensionamenti anticipati con almeno 62 anni d’età e 38 di contributi. Non è nota la strategia del governo Draghi sul tema pensioni. Il silenzio preoccupa i sindacati. Salvini spinge per una proroga di Quota 100, ma non ci sarà. Si andrà verso un mix di misure e scivoli per la pensione anticipata.

Pensioni, cosa cambia dal 31 dicembre 

Il rischio scalone c’è ed è concreto. Lo scalone comporterebbe un aumento dei requisiti per il pensionamento di ben sei anni nella notte fra il 31 dicembre 2021 e il 1 gennaio 2022, come quello introdotto nel 2011 dal governo Monti. Ma al momento non vi è una emergenza economica paragonabile a quella del 2011 per giustificare in qualche modo una disparità di trattamento immediata e pesante. Dal 1 gennaio il pensionamento sarebbe accessibile solo a partire dai 67 anni di età senza un’eventuale armonizzazione: per gli esclusi ci sarà un aumento secco di cinque o sei anni dei requisiti di pensionamento. Facciamo l’esempio di un caso limite: Mario e Giovanni hanno lavorato 38 anni nella stessa azienda solo che il primo è nato nel dicembre del 1959 e il secondo nel gennaio del 1960. Mario andrà in pensione (se lo vorrà) a 62 anni, mentre Giovanni dovrà optare tra un pensionamento anticipato con 42 anni e 10 mesi nel 2026 o il pensionamento di vecchiaia con 67 anni e nove mesi, addirittura nel 2029. Tale scalone andrebbe persino oltre quello della vecchia riforma Maroni (legge 243/2004), quando fu introdotta una differenza di tre anni lavorativi tra chi avrebbe maturato il diritto alla pensione il 31 dicembre del 2007 e chi lo avrebbe fatto il primo gennaio dell’anno seguente.

“Noi pensiamo che dopo 62 anni di età o dopo aver lavorato 41 anni ci siano le condizioni per poter andare in pensione – ha detto di recente Ghiselli della Cgil – Il contributivo, in cui ormai siamo nella maggior parte dei casi, rende anche sostenibile economicamente un sistema di questo tipo. Poi proponiamo interventi che riconoscano la diversità dei lavori, chi fa lavori più pesanti e gravosi deve avere trattamenti migliori; il riconoscimento del lavoro di cura e delle donne; un discorso che riguarda la previdenza dei più giovani, soprattutto di coloro che hanno lavori discontinui, precari, che rischiano di non avere una prospettiva previdenziale, pensiamo a una pensione contributiva di garanzia; infine il rafforzamento delle pensioni in essere, quindi ampliamento e consolidamento della quattordicesima e meno tasse sulle pensioni”. La flessibilità a partire dai 62-63 anni con un insieme di misure e scivoli a seconda della situazione del singolo lavoratore e della sua mansione: è questo lo scenario più credibile dal 1 gennaio 2022.

Pensioni da 63 anni con riduzione attuariale

Si parla tantissimo dell’idea che arriva dagli economisti Tito Boeri e Roberto Perotti, in vista del superamento di Quota 100. Esiste “un modo per riconciliare una maggiore flessibilità nell’età di pensionamento con la sostenibilità del sistema: si può andare in pensione quando si vuole, a partire da 63 anni, ma accettando una riduzione attuariale, che oggi si applica alla sola quota contributiva, sull’intero importo della pensione, cosi come proposto dall’Inps 6 anni fa”, ragionano i due esperti. Oggi questo “significherebbe – spiegano gli economisti – una riduzione media di un punto e mezzo per ogni anno di anticipo rispetto alla pensione offerta da quota 100; in futuro ancora meno dato che le generazioni che andranno in pensione nei prossimi anni avranno una quota contributiva più alta su cui la riduzione è già comunque applicata in caso di pensione anticipata”.

“Non è mai una buona idea – è la premessa di Boeri e Perotti – cambiare radicalmente le regole del sistema pensionistico all’ultimo momento, perché chi è vicino alla pensione si vede stravolgere i programmi di una vita e non ha tempo per porvi rimedio. Eppure anche questa volta si arriva all’ultimo minuto a decidere che fare di ‘Quota 100’, cioè i pensionamenti anticipati con almeno 62 anni d’età e 38 di contributi”. L’idea lanciata da Boeri e Perotti punterebbe a “ridurre le disparità di trattamento fra le pensioni contributive e le pensioni ‘miste0, perché permetterebbe anche ai titolari di quest’ultime di andare in pensione prima, purché abbiano almeno 20 anni di contributi e una pensione superiore ad una soglia minima (attualmente circa 1.450 euro al mese) per non rischiare di finire in condizioni di indigenza, soprattutto quando incoraggiati fortemente dall’impresa a lasciare”. La soglia a 1.450 euro “è nettamente al di sopra della soglia di povertà Istat. Si potrebbe abbassarla a mille euro, circa 2 volte la pensione minima, rendendo più ampia la platea potenzialmente interessata alla pensione anticipata”.

I lavori gravosi per la pensione anticipata

Per adesso le domande per accedere a Quota 100 accolte sono state circa 334 mila, visto che chi ha fatto domanda potrà continuare a uscire in anticipo anche scavallando il 2021, si potrà sfiorare forse i 400mila. Il responsabile economico del Pd Antonio Misiani fa il punto: bisogna “evitare di tornare puramente e semplicemente alla Fornero”, ma va anche studiato un sistema “più flessibile ma più equo”, e sostenibile per le casse pubbliche, che tenga conto dei lavori “gravosi e usuranti, delle donne con carichi familiari”. 

La commissione ad hoc istituita da Orlando, e presieduta dall’ex ministro Cesare Damiano, sta completando i suoi lavori (che incrociano dati e studi Inail, Istat e Inps). Si attendono gli esiti entro due settimane. Si proporrà di fatto la nuova “graduatoria” dei lavori gravosi. Per la Lega però sarebbe un intervento troppo limitato e che non risponderebbe all’esigenza (perenne) di “accompagnare e favorire la ristrutturazione delle aziende”. L’ex sottosegretario al Mef Claudio Durigon (il “papà” di Quota 100), suggerisce di pensare a un fondo ad hoc per consentire l’uscita anticipata – da valutare con quali requisiti – che andrebbe collegato ad altri meccanismi, come i contratti di espansione, e alla riforma degli ammortizzatori.

L’allargamento dell’Ape sociale

Altra ipotesi forte è una Ape sociale “allargata” e strutturale. L’Anticipo pensionistico sociale esiste dal 2017 in forma sperimentale. Detto in parole semplici, è un sussidio interamente a carico dello Stato erogato dall’Inps, è stato prorogato più volte rispetto alla scadenza originaria di fine 2018. L’ultimo prolungamento a tutto il 2021 è scattato con la legge di bilancio approvata dal parlamento alla fine del 2020.

L’Ape sociale per ora è destinata ai disoccupati di lungo corso, a chi assiste familiari o persone in estrema difficoltà, a una quindicina di categorie di lavoratori impegnati in attività considerate usuranti. Una platea che potrebbe essere significativamente estesa dalla prossima manovra (anche per questo la gratuatoria della commissione ad hoc istituita da Orlando è attesissima). Decisivi saranno i risultati della commissione che analizza la gravosità dei lavori. Non solo: in sede tecnica si sta anche valutando la possibilità di rendere strutturale l’Ape sociale facendolo uscire dalla fase sperimentale. Insomma, l’Ape sociale è arrivata per restare.

Secondo il Sole 24 Ore, sempre molto informato sugli scenari previdenziali, il governo punterebbe a un’idea abbastanza precisa: concedere solo a chi svolge lavori gravosi la possibilità di uscire dal lavoro a 62 anni (o 63), mentre per gli altri si parla di una soglia di uscita di 64 anni e 37 (o 38) anni di contributi.  Attualmente grazie all’Ape sociale i lavoratori gravosi possono godere di un’indennità a partire dai 63 anni di età: con 30 (o 36) anni di contributi, c’è uno scivolo fino alla pensione di vecchiaia. Con Opzione donna le lavoratrici possono uscire dal mondo del lavoro a 35 anni netti di contribuzione e 58 anni di età anagrafica, per le subordinate, 59 anni per le lavoratrici autonome. Sarà quasi certamente rinnovata anche nel 2022.

Fonte today.it

NASPI: sospensione riduzioni mensili fino al 31 dicembre 2021

L’articolo 38 del decreto Sostegni bis (decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73) prevede che, dal 1° giugno al 31 dicembre 2021, non debbano essere operate ulteriori riduzioni mensili del 3% sulle indennità di disoccupazione NASpI .

Questo significa che per le NASpI in corso di erogazione alla data del 1° giugno 2021, a partire dalla mensilità di giugno non verrà più scalato ogni mese il 3% sull’indennità spettante.

La disposizione prevede anche che il suddetto meccanismo di riduzione della prestazione non trova applicazione per le indennità di disoccupazione con data di decorrenza dal 1° giugno 2021 al 30 settembre 2021. Le NASpI con la suddetta data di decorrenza verranno pertanto erogate fino al 31 dicembre 2021 senza procedere alla riduzione della prestazione nella misura del tre per cento a partire dal primo giorno del quarto mese di fruizione, nella misura determinata secondo le ordinarie disposizioni di cui all’articolo 4, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 22/2015.

La sospensione del meccanismo di riduzione si applica anche nelle ipotesi di liquidazione della prestazione NASpI erogata in forma anticipata in un’unica soluzione.

Il meccanismo di riduzione della prestazione troverà nuovamente piena applicazione a decorrere dal 1° gennaio 2022. Con la circolare INPS 6 agosto 2021, n. 122, l’Istituto fornisce le istruzioni amministrative per l’attuazione della disposizione di cui all’articolo 38 del decreto Sostegni bis e della riduzione della prestazione NASpI di cui all’articolo 4, comma 3, del d.lgs. n. 22/2015.

Nella circolare sono inoltre precisate le istruzioni contabili per la rideterminazione dell’importo spettante per le mensilità del 2022, successive al periodo di sospensione.

Percorsi di inserimento e reinserimento lavorativo dei soggetti disoccupati e inoccupati adulti: UNSIC Cosenza fornirà assistenza

Il presente avviso intende sostenere percorsi di inserimento e reinserimento lavorativo dei soggetti disoccupati adulti, in particolare dei disoccupati di lunga durata, attraverso azioni mirate di politica attiva del lavoro attraverso la realizzazione di esperienze formative on the job ed investendo sui settori che offrono nuove prospettive di sviluppo, quali ad esempio, green e blue economy e servizi alla persona.

Il presente avviso intende favorire l’allineamento tra le esigenze formative delle persone con difficoltà a entrare/rientrare nel mercato del lavoro (anche a causa della crisi conseguente alla pandemia da COVID-19) e il fabbisogno delle imprese di figure dotate di competenze in grado di sostenere la ripresa e la ripartenza.

Sono destinatari dei servizi di assistenza alla collocazione/ricollocazione al lavoro i soggetti in condizioni di disoccupazione con difficoltà nell’accesso e/o nel re-ingresso al mercato del lavoro, anche a seguito dell’emergenza COVID-19.

I destinatari devono essere in possesso dei seguenti requisiti:

  • cittadini italiani o cittadini comunitari o cittadini non comunitari in possesso di regolare permesso di soggiorno;
  • essere inoccupati o disoccupati, ai sensi della Legge n. 26/2019 art. 4 comma 15-quater e del D.Lgs. n. 150/2015, non beneficiari di prestazioni di sostegno al reddito. Tale condizione deve sussistere al momento della presa in carico e permanere per tutta la durata dell’intervento;
  • essere residenti o domiciliati in Calabria;
  • aver compiuto il trentacinquesimo anno di età;
  • aver sottoscritto il Patto di Servizio Personalizzato (DLgs 150/2015) presso il Centro per l’impiego (CPI) della Regione Calabria territorialmente competente.

Le persone in possesso dei requisiti su elencati per poter accedere alle misure di politica attiva previste devono rivolgersi ai Servizi per il Lavoro per come individuati al punto 2.1 dell’Avviso, che avranno il compito di erogare i servizi e le misure di cui al successivo punto 3.1 dell’Avviso. Ciascun destinatario potrà presentare una sola domanda.

I requisiti di accesso devono sussistere al momento della presa in carico e permanere nel corso del percorso di politica attiva avviato nell’ambito del presente avviso.

Per informazioni puoi contattare la sede UNSIC di Cosenza allo 098421502.

Prestazioni assistenziali: verifiche reddituali anni 2017-2021

Per beneficiare di alcune prestazioni assistenziali economiche, oltre a stabilire un limite di reddito, la legge impone ai beneficiari di comunicare all’INPS la propria situazione reddituale, nei casi in cui essi non siano tenuti a presentare la dichiarazione dei redditi all’Agenzia delle entrate oppure non la comunichino integralmente.

Da una serie di accertamenti effettuati, l’INPS ha individuato numerose posizioni di persone che non hanno presentato né la dichiarazione dei redditi (annualità reddituale 2018), né la dichiarazione di responsabilità reddituale.

L’Istituto, dopo aver inviato un primo sollecito, procederà con le lavorazioni necessarie alla sospensione e alla successiva revoca delle prestazioni economiche nei confronti delle persone inadempienti agli obblighi di legge.

Tutte le comunicazioni di preavviso di sospensione e di successiva revoca avverranno tramite lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

Le informazioni di dettaglio sui tempi delle comunicazioni e sulle modalità di ricostituzione della propria posizione reddituale sono contenute nel messaggio 28 luglio 2021, n. 2756.

Cessione quinto pensioni: aggiornamento tassi terzo trimestre 2021

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento del Tesoro ha indicato i Tassi Effettivi Globali Medi (TEGM) praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari dal 1° luglio 2021 al 30 settembre 2021.

Con messaggio 2 luglio 2021, n. 2482, l’Istituto riporta il valore dei tassi da applicarsi nel periodo indicato per i prestiti estinguibili con cessione del quinto dello stipendio e della pensione, e i tassi soglia TAEG per i prestiti estinguibili con cessione del quinto della pensione in regime di convenzionamento.

Assegno per il Nucleo Familiare: maggiorazione importi, istruzioni

Il decreto-legge 8 giugno 2021, n. 79 riconosce agli aventi diritto all’Assegno per il Nucleo Familiare (ANF), a decorrere dal 1° luglio e fino al 31 dicembre 2021, una maggiorazione di 37,5 euro per ciascun figlio, per i nuclei familiari fino a due figli, e di 55 euro per ciascun figlio, per i nuclei familiari di almeno tre figli.

L’assegno è corrisposto alle seguenti categorie:

  • lavoratori dipendenti;
  • lavoratori iscritti alla Gestione Separata;
  • lavoratori agricoli;
  • lavoratori domestici e domestici somministrati;
  • lavoratori di ditte cessate, fallite e inadempienti;
  • lavoratori in aspettativa sindacale;
  • lavoratori marittimi sbarcati;
  • soggetti titolari di prestazioni sostitutive della retribuzione, quali i titolari di NASpI o di disoccupazione agricola;
  • lavoratori titolari di trattamenti di integrazione salariale;
  • lavoratori assistiti da assicurazione TBC;
  • soggetti titolari di prestazioni pensionistiche da lavoro dipendente.

La maggiorazione è riconosciuta anche in presenza di figli maggiorenni inabili a un proficuo lavoro, oltre che di figli con età compresa tra i 18 e i 21 anni se studenti o apprendisti e appartenenti a nuclei numerosi.

Con la circolare INPS 30 giugno 2021, n. 92 si forniscono le istruzioni relative alle maggiorazioni e le indicazioni in merito all’adeguamento, con decorrenza 1° luglio 2021, dei livelli di reddito familiare ai fini della corresponsione dell’ANF alle diverse tipologie di nuclei. Si precisa che l’Assegno per il Nucleo Familiare non è compatibile con l’Assegno temporaneo per i figli minori.